

Introduzione ai DCA
Dietro ad ogni disturbo della condotta alimentare si nasconde un disagio psichico ed esistenziale che ha radici molto lontane. Individuare e lavorare sui rapporti disfunzionali, spesso generati all’interno della famiglia, può rivelare quelle che sono le radici della psicopatologia che si traduce nel disturbo della condotta alimentare.
Fin dalla nascita ogni individuo instaura una relazione significativa e necessaria con il proprio caregiver, questo rapporto permette di avere una base solida per poter acquisire e sviluppare capacità cognitive, sociali, emozionali ma anche di acquisire un’immagine positiva di sé e del proprio corpo.
Il rapporto con la figura di attaccamento è importante perché una madre sensibile e attenta ai bisogni reali del bambino garantisce a quest’ultimo la possibilità di entrare in rapporto con il mondo in modo sano ed equilibrato. Un primo elemento che fa da tramite tra il bambino e il mondo esterno è il cibo.
Il cibo non solo garantisce il nutrimento al bambino, necessario al mantenimento della vita, ma rappresenta un veicolo di relazione con il mondo esterno. L’alimento da ingerire rappresenta il mondo nella sua globalità: nutrirsi diviene un modo per afferrare il mondo e la zona orale non è solo fonte di piacere, ma anche di conoscenza della realtà e veicolo di espressione del disagio.
Le prime esperienze che il bambino fa con il cibo saranno la base delle future relazioni. Il bambino nell’essere nutrito dalla figura materna impara il senso del piacere: il cibo buono, oltre a soddisfare il gusto e l’appetito gli rinforza l’immagine positiva delle cure materne, esercitando il piccolo all’affettività e a reggere le frustrazioni e la sofferenza, al provare emozioni e più tardi a viversi una buona affettività e sessualità.
Un rapporto disfunzionale tra la madre il bambino può far sì che si instauri nel piccolo un difficile rapporto con il cibo e con il proprio corpo. I disagi e le difficoltà relazionali che hanno radice fin dai primi mesi di vita possono essere tradotte in un cattivo rapporto con il cibo, che si traduce in un disturbo della condotta alimentare.
È necessario sottolineare come i DCA non siano disturbi dell’alimentazione ma hanno radici nel funzionamento psichico, in questo caso patologico, e che traducono in un linguaggio somatico le difficoltà con le relazioni, con le emozioni e con le proprie percezioni psichiche e corporee.
Meccanismi di difesa nei DCA
Processi mentali di negazione, distorsione e giustificazione sono caratteristici di persone affette da disturbi alimentari, per tentare di ridurre la forbice della propria dissonanza cognitiva.
Essa, infatti, è definita come uno stato di tensione, una mancanza di armonia (“dissonanza”) quando due pensieri, credenze o atteggiamenti, simultaneamente accessibili, sono psicologicamente incoerenti, come quando intraprendiamo un comportamento ma abbiamo sentimenti interni contrastanti.
La teoria della dissonanza cognitiva (Festinger, 1957) sostiene che i nostri atteggiamenti cambiano perché siamo motivati a mantenere una coerenza tra il nostro modo di pensare, sentire, agire. Solitamente la dissonanza cognitiva fa riferimento alla discrepanza tra atteggiamenti e comportamenti; infatti, molto spesso tendiamo a modificare i nostri atteggiamenti per riportare un senso di coerenza in noi stessi.
Nel caso dei soggetti con disturbo della condotta alimentare, essi attuano processi di negazione nel momento in cui rifiutano il cibo (come nel caso delle anoressie) o processi mentali di giustificazione (come nel caso dei binge eater) nel momento in cui si abbuffano di cibo per placare i propri stati emozionali.
In questi casi, seguendo la teoria della dissonanza cognitiva, i soggetti modificano le credenze e i pensieri su determinate azioni dannose, di cui sono consapevoli, per attuare nonostante tutto comportamenti alimentari disfunzionali come atti compensatori e abbuffate.
Valori della società e DCA
Un aspetto che incide sulla genesi dei disturbi alimentari sono i valori offerti dal collettivo; in una società come quella occidentale, sono presenti canoni estetici molto pressanti, il cui raggiungimento produce successo e riconoscimento collettivo.
Nella nostra società l’obesità è un’infrazione ai canoni del collettivo, molti adolescenti per questo sono spinti ad un modello di riferimento improntato alla magrezza che permette loro di aggrapparsi per costruire la loro nuova identità.
È possibile interpretare la genesi dell’anoressia sia come un netto rifiuto all’iperconsumismo della cultura occidentale dell’abbondanza, sia come un’adesione ad un modello di donna filiforme, senza corpo, asessuata.
Questa lettura può darci spiegazione di come attualmente i disturbi alimentari si stiano diffondendo tra gli adolescenti in età sempre più precoci, con le caratteristiche di un vero contagio collettivo (Gordon, 1990).
Fonte:
Bion W. R. (1962a), “Una teoria del pensiero”, in Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico, Armando, Roma, 1970
Festinger, L. (1957). “A theory of cognitive dissonance”. Stanford: Stanford University Press
Gordon R. (1990), “Anoressia e bulimia. Anatomia di un’epidemia sociale”, Raffaello Cortina, Milano, 1991.
Montecchi F. (1994), “Gli abusi all’infanzia. Dalla ricerca all’intervento clinico”, la Nuova Italia Scientifica, Roma